Corso di formazione: “Conflitti e transizioni nel Mediterraneo contemporaneo” Varallo Sesia
- Dott.sa Piera Mazzone
- 21 nov 2017
- Tempo di lettura: 6 min
L'Istituto per la storia della Resistenza e della Società Contemporanea nella sede di Varallo ha organizzato un corso di formazione Conflitti e transizioni nel Mediterraneo contemporaneo, articolato in quattro incontri, che si svolgeranno tra novembre 2017 e aprile 2018. Il corso è rivolto in via preferenziale ai docenti, ma la partecipazione è aperta anche a studenti e operatori culturali interessati all'argomento.
Un vero e proprio boom di iscrizioni ha sorpreso il Direttore dell’Istituto, Enrico Pagano, che è particolarmente soddisfatto: “Abbiamo avuto cinquanta iscrizioni, costituite per tre quinti da insegnanti, a riprova dell’interesse riscosso dagli argomenti proposti”. Il corso è nato da una domanda: “È possibile pensare a una storia comune del Mediterraneo, scritta tenendo insieme i punti di vista dei paesi delle varie sponde del mare?”. Il superamento di una prospettiva eurocentrica dell’insegnamento della storia per passare a una scala più ampia, è una delle necessità che la realtà multietnica della nostra società ci impone. Il ciclo di lezioni vuole quindi essere un contributo formativo di carattere metodologico e contenutistico, che si propone di far conoscere i progetti e le azioni didattiche più avanzate e di stimolare conoscenze e riflessioni sulla tormentata attualità politica e sociale di cui il Mediterraneo è teatro.
Martedì 14 novembre si è tenuto il primo incontro con relatore Fulvio Scaglione, giornalista professionista, editorialista di “Famiglia Cristiana” e collaboratore di “Avvenire”, “Eco di Bergamo”, “Limes”, “EastWest” e, online, di “Occhi della guerra”, “L’Inkiesta”, “Micromega”, “Eastonline” e “Terrasanta.Net”, al quale è stato affidato un tema di scottante attualità: La guerra in Siria, ovvero: un secolo di storia del Medio Oriente.
Norberto Julini, Presidente di Nova Jerusalem - che ha sede al Sacro Monte ed opera per la cultura di pace, la cooperazione, il dialogo e la solidarietà con i popoli della Terra Santa, aveva già invitato a Varallo Fulvio Scaglione nel 2008 per presentare agli studenti il suo libro: “I cristiani e il Medio Oriente. La grande fuga” e sabato 16 aprile 2011, vigilia della Domenica delle Palme, al Sacro Monte, in occasione di un incontro per mettere a confronto la Gerusalemme ideale con quella reale, anche questa volta ha fatto da tramite favorendo l’intervento di questo relatore qualificato -è intervenuto ricordando alcune iniziative di autoformazione che si terranno sul territorio: l’incontro a Borgosesia, presso il Centro Studi Turcotti con l’o.n.g. Vento di terra e il 29 novembre data in cui l’ONU celebra la Giornata Mondiale di Solidarietà con il Popolo Palestinese,a Borgosesia al Centro Sociale, quando sarà proiettato il film: “Hebron questa è la mia terra”, documentario di Giulia Amati e Stephen Natansonche racconta la drammatica convivenza fra ebrei e palestinesi in quella tormentata città.
Scaglione ha ricordato come la Siria da sei anni sia tormentata dalla guerra civile che ha causato 450.000 morti, una guerra che ci riguarda perché è atroce e non troppo lontana da noi,le cui conseguenze ci sono arrivate in casa con profughi, migranti e richiedenti asilo.
Nella Siria di oggi si può leggere un secolo di storia del Medio Oriente.
Ben conosciuto nel mondo arabo è l’accordo Sykes-Picot, un accordo segreto tra i governi del Regno Unito e della Francia, che definiva le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente in seguito alla sconfitta dell'impero ottomano nella prima guerra mondiale.
I negoziati, condotti dal diplomatico francese François Georges-Picot e dal diplomatico britannico Mark Sykes, ebbero luogo tra novembre 1915 e marzo 1916.
L'accordo, che venne poi definitivamente firmato il 16 maggio 1916, era una spartizione del Medio Oriente tra Regno Unito e Francia: “Tireremo una riga diritta tra la seconda kappa di Akko e la seconda kappa di Kirkuk” Quell’idea demenziale fu attuata, inventando un Medio Oriente frutto di una spartizione politica, fatta senza tener conto di che cosa c’era in quei territori, di quell’impero ottomano che aveva una sua complessa organizzazione interna, mantenuta nonostante il declino.
La politica occidentale nei confronti del Medio Oriente fu sempre caratterizzata dal cercare diimpedire la nascita degli stati nazionali e, dove possibile, dividerli, spezzettarli, frammentarli.
Le radici della guerra in Siria, iniziata nel 2011, sono legate ad un fenomeno demografico e ad uno economico.Il 6 ottobre 1973 iniziò la cosiddetta guerra dello Yom Kippur, in cui furono coinvolti Siria, Egitto ed Israele.
Quella dello Yom Kippur fu la più grande guerra combattuta in Medioriente fino a quella del Golfo e portò alla crisi petrolifera del 1973, un embargo delle esportazioni di petrolio nei paesi occidentali che aggravò molto la crisi economica che in quegli anni aveva cominciato a colpire Europa e Stati Uniti.
Le nuove condizioni di vendita del petrolio fecero affluire un fiume di denaro nelle casse dei paesi produttori di petrolio e quella improvvisa ricchezza provocò un vero e proprio baby boom. Quei bimbi crebbero e dopo la scuola si scontrarono duramente con una società immobile, a scarsa efficienza e ad alto tasso di corruzione: si creò quindi un’enorme insoddisfazione nei giovani.
“L’ISIS è un prodotto delle petrolmonarchie sunnite del Golfo Persico”: quest’affermazione è stata ampiamente spiegata dal relatore, che ha accennato anche ad alcune mail di Hillary Clinton, all’epoca in cui era il Segretario di Stato americano, che si riferirebberoproprio a questa “alleanza di ferro” che legherebbe gli Stati Uniti all’Arabia Saudita che: “Fu inventata dagli inglesi, ma costruita dagli americani”.
Le autorità saudite finanzierebbero il terrorismo che nasce nel loro paese: l’ISIS, e prima Al Qaeda, sarebbero dunque entrambe creature dei Sauditi e del Qatar.
Scaglione, dopo aver ricordato che Trump il primo viaggio ufficiale da Presidente lo ha fatto in Arabia Saudita, ha sottolineato come nel mondo il terrorismo sunnita sia il novanta per cento del terrorismo islamico, che è a sua volta il novantacinque per cento del terrorismo internazionale, e come conseguenza: “Noi sopportiamo che l’America, nostro alleato, finanzi le monarchie sunnite, che a loro volta finanziano il terrorismo e quindi non dobbiamo stupirci che la lotta al terrorismo non abbia i risultati sperati”.
Negli ultimi anni si è assistito ad una rinascita della minoranza sciita in Medio Oriente, che è diventata determinata ed aggressiva, ma anche la Russia fa sentire il proprio peso in quei paesi in modo molto diverso da quanto avveniva fino ad una decina di anni fa: “Putin ha giocato bene le sue carte con la politica delle mani libere, della non ingerenza negli affari interni dei vari paesi, ha rapporti decenti con Israele, con il re dell’Arabia Saudita, va d’accordo con l’Iraq e con l’Egitto e quindi assume sempre di più un ruolo centrale in Medio Oriente”. Adesso il prossimo obiettivo potrebbe essere il Libano, che ha quattro milioni di abitanti e un milione e mezzo di profughi siriani, quasi interamente sunniti: Scaglione teme possa diventare una seconda Siria.
La strategia politica dell’esportare la democrazia, inaugurata da Bush Senior, in realtà serviva a spianare la strada alla globalizzazione economica, commerciale e finanziaria, che ha bisogno di spazi sempre più aperti.
Questa politica estera dell’America, che travalica i confini politici, fu fatta propria anche da Obama e i risultati furono il caos politico della Libia post-Gheddafi, dittatore che ricattava l’Occidente con la questione migranti e perciò ostacolo da eliminare, e la frammentazione attraverso una guerra della Siria,un paese a larghissima maggioranza sunnita, che però dall’inizio degli anni Settanta è dominata dalla famiglia Assad, sciita alaouita, come era già avvenuto nel 2004 per l’Iraq: “Il Medio Oriente non è mai stato disastrato come adesso, in Iraq, Libia, Siria, milioni di persone vivono molto peggio in paesi che sono stati spezzettati e disarticolati”.
Nell’ultima parte del suo intervento Scaglione ha invitato a non usare la parola “emergenza” per i flussi migratori, poiché le migrazioni hanno una storia – da quarant’anni il 3% della popolazione è migrante – una geografia – le rotte delle migrazioni sono le stesse dal Settecento:da sud a nord – e una logica – in Medio Oriente ci sono quattrocentoventi milioni di persone e di queste centoventi hanno meno di trent’anni, mentre in Europa è crescente ladenatalità. Quello che succede quindi non è affatto un’emergenza, ma era largamente prevedibile e si è verificata la totale inadeguatezza della nostra politica nei confronti di un problema di queste dimensioni.
Dopo questa lezione di storia contemporanea molto semplice e rigorosa sono nate molte domande, alle quali il relatore ha ampiamente risposto, sottolineando anche che il terrorismo non si propone di combattere l’Occidente in quanto tale, dal momento che i Sauditi che finanziano i terroristi sono anche tra i più grandi investitori in Europa e tra le vittime dell’ISIS si contano in maggioranza musulmani.
Gli incontri proseguiranno giovedì 14 dicembre 2017: Insegnare la storia del Mediterraneo contemporaneo. Antonio Brusa, uno dei massimi esperti di didattica che operano oggi in Italia, direttore di “Novecento.org” e del “Laboratorio del tempo presente”, Summer School - Istituto Nazionale “F. Parri”, molto impegnato sul tema dell’insegnamento della storia mediterranea.
Gli incontri proseguiranno: lunedì 12 febbraio 2018: Islam e politica. Le primavere arabe, relatore Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici all’Università di Trento, venerdì 6 aprile 2018, parlerà di: Mediterraneo contemporaneo e migrazioni. Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori alla facoltà di Scienze politiche dell'Università di Milano.


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