Cervatto. Restauro cappelle via Crucis
- Dott.sa Piera Mazzone
- 24 ott 2017
- Tempo di lettura: 5 min
E’ giunto al termine il progetto di restauro delle pitture murali e degli intonaci della Via Crucis di Cervatto, realizzato dal varallese Laboratorio di restauro Luci e Ombre di Chiara Salina e Mara Moscatelli, che ha lavorato in stretta collaborazione con le competenti Soprintendenze.
L’intervento ha richiesto circa un anno per completare le pratiche burocratiche che consentissero alle restauratrici di intervenire su di un bene di proprietà del Comune, un altro anno è servito per gli interventi di restauro, che sono stati interamente finanziati da un generoso donatore valsesiano che risiede all’estero e vuole mantenere il più assoluto anonimato.
Si tratta di un grande gesto d’amore per un’opera d’arte che versava in grave stato di degrado, a causa del tempo e dell’incuria degli uomini.
Il donatore tra l’altro non è neppure nativo di Cervatto, ma da valsesiano ha a cuore le opere d’arte della nostra Valle.
Lo storico dell’arte Casimiro Debiaggi in "Percorsi devozionali in Valsesia": le Viae Crucis, in “Crucem tuam adoramus”. "Percorsi devozionali fra Nord Ovest d’Italia e Canton Ticino": espressioni d’arte, cultura, fede e religiosità popolare, Atti del convegno, Verbania e Monte Mesma di Ameno, 7-8 febbraio 2009, a cura di Valerio Cirio, Fabrizio Pagani, Carlo Alessandro Pisoni, opera pubblicata dal Magazzeno Storico Verbanese nel 2011, ricorda l’esistenza in Valsesia di ben ventitré Viae Crucis, di cui purtroppo alcune scomparse e molte deteriorate e in abbandono: era questo il caso di Cervatto.
Questa Via Crucis, la cui richiesta per l’erezione risaliva al 1741 e fu terminata nel 1776, come scrive il Debiaggi, si snoda in salita: “Come efficace richiamo a quasi completa ripetizione lento pede della salita verso il Monte Calvario” prendendo l’avvio da: “Una struttura di un certo rilievo, di una certa evidenza architettonica, un arco d’ingresso barocco, con il fornice mistilineo in parte abbattuto”. Le cappelle di Cervatto: “Sono caratterizzate da uno schema uniforme, con un tettuccio molto sporgente, sorretto da mensole in pietra”.
La Via Crucis di Cervatto, bene di proprietà comunale, è costituita da tredici cappellette, che si snodano dalla chiesa parrocchiale di San Rocco, nella piazza, su un sentiero in salita e fu decorata dal pittore valsesiano Lorenzo Peracino e dal figlio Giovanni Battista, come recita un’iscrizione visibile in basso a destra nella XIII cappella: “1775 / Lorenzo e Gio. Ba.sta Padre e Figlio / Peracini dipinsero”.
Sottolinea Debiaggi: “I Peracino sono in assoluto i pittori, gli illustratori delle Viae Crucis e dominano il campo per tutta la metà del Settecento”: godevano di grande fama in Provincia di Novara e in Valsesia, dove realizzarono le Viae Crucis di Ara, Grignasco, Montrigone, Cadarafagno, Breia, Merlera, Cervatto e Mollia, ma furono chiamati anche in Ossola e furono autori di alcune scene di quella del Varallino a Galliate.
L’iconografia è la stessa di tutte le precedenti Viae Crucis eseguite dal Peracino, che utilizzava presumibilmente gli stessi cartoni.
A causa dell’esposizione alle intemperie, gli affreschi si deteriorarono precocemente, tanto che già nel 1892 fu necessario eseguire un restauro sull’intera serie dei dipinti. L’intervento fu realizzato dal pittore Francesco Burlazzi, come si legge sulla lapide murata sull’arco che dà accesso alla Via Crucis.
Il percorso devozionale si conclude all’Oratorio di San Giovanni, che è la quattordicesima stazione, risalente ai primi anni del Settecento.
Le tredici stazioni di piccole dimensioni, sono state realizzate in muratura intonacata, con un copertura in beole. La nicchia di ognuna è caratterizzata dalla parete di fondo affrescata con le scene della vita di Cristo, le due pareti laterali e la facciata sono decorate con cornici e volute tipicamente settecentesche.
Il Comune, prima che partisse il cantiere di restauro, ha fatto rimuovere la vegetazione che aveva invaso il percorso della Via Crucis, mentre il parroco di Cervatto, Don Giuseppe Vanzan, a sue spese, si è occupato della revisione di tutte le coperture in beole.
Tutte le stazioni avevano subito interventi di manutenzione: i più recenti ed invasivi erano quelli di rifacimento di ampie porzioni d’intonaco, sovente eseguite con materiali inopportuni (malte cementizie), quindi l’intervento di restauro è stato molto impegnativo, ma ha restituito leggibilità all’opera che è stata resa nuovamente fruibile come percorso devozionale.
I cornicioni e i capitelli costruiti in opera con calce e sabbia, presentavano pericolose lesioni e lacune, causate dall’acqua percolata dal tetto.
Erano evidenti alcune crepe strutturali, in particolare nell’VIII stazione: alcune radici della fitta vegetazione che circonda tutto il complesso, si erano insediate nelle fondazioni delle mura, provocando uno smottamento del terreno che aveva causato le importanti lesioni sulla muratura.
Gli elementi metallici di protezione erano danneggiati dall’inevitabile ossidazione del ferro; alle grate inoltre erano state applicate delle reti metalliche a trama larga, probabilmente per proteggere le pitture da potenziali atti vandalici.
Gli affreschi erano quasi del tutto illeggibili, presentando vaste lacune dovute alle cadute di intonaco e di colore causate dalle intemperie, ma soprattutto per l’umidità di risalita, ed erano in parte rovinati da microorganismi e da efflorescenze saline, quindi intorno ad ogni cappella è stato realizzato uno scavo di drenaggio per impedire la risalita dell’acqua sulle pareti dipinte.
Azioni specifiche sono state poi intraprese per rimuovere i depositi superficiali, eliminare muffe e funghi, consolidare la superficie pittorica, rimuovere i sali di superficie, stuccare le lacune.
Si è intervenuto anche sugli elementi metallici con applicazioni di convertitori e vernici per il metallo.
Le integrazioni cromatiche sono state eseguite ad acquerello con la tecnica del rigatino (per lacune di dimensioni contenute) oppure a velatura in sottotono sulle lacune più estese. Per le zone da ricostruire, sono stati utilizzati colori a calce riproponendo le decorazioni, dove possibile, con lo spolvero delle originali ancora integre.
Le parti di affresco irrimediabilmente perdute sono state risarcite con malte neutre, perché non sarebbe stato corretto rifarle.
Il criterio della funzione devozionale è stato adottato per il restauro delle scritte, che presentavano sovrapposizioni tra quelle settecentesche originali e quelle ottocentesche, non coincidenti, quindi, esaminandole caso per caso, è stata mantenuta la scritta più leggibile.
Segnaliamo che tra le persone che hanno a cuore questa Via Crucis c’è la Professoressa Daniela Romagnoli, proprietaria del terreno su cui è stata edificata la X cappella, che già da tempo si è dichiarata disponibile a donarlo al Comune di Cervatto e che era intervenuta di sua spontanea volontà per un intervento di consolidamento murario sulla parete laterale destra e sulla parte posteriore della cappella - l’unica ad avere mensole a vista, caratterizzate da una raffinata lavorazione - esposta sul precipizio e quindi difficile e pericolosa da raggiungere: “Ho potuto assistere ad una stupefacente accelerazione del degrado nell'ultima diecina di anni. In un futuro, spero non troppo lontano, sarebbe opportuno prendere in considerazione anche il restauro dell’arco settecentesco e dell’oratorio di San Giovanni, al termine della Via, parte integrante del percorso devozionale e del paesaggio, che versa in grave stato di degrado, addirittura vi piove dentro: speriamo quindi nell’intervento di altri generosi donatori e nella sensibilità dell’Amministrazione Comunale, proprietaria della Via Crucis”.
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